Lo spazio colore ed i profili colore

... tutto quello che serve apere per capire i colori digitali

Mi è capitato tempo fa di assistere ad una lezione sulla stampa delle fotografie digitali, apprendendo tutta una serie di nozioni che ho capito essere davvero importanti. Quante volte ci è capitato di fare stampare una foto che a schermo vedo bellissima, e ritrovarci una stampa dai colori piuttosto scadenti: molto probabilmente abbiamo dato la colpa al laboratorio… ma è anche possibile che lo scarso risultato fosse una conseguenza di ignoranza (inteso nel corretto significato di non-conoscenza) riguardo a tutto quello che c’è dietro la stampa digitale.

Lo spazio colore e la cattura dell’immagine

Cominciamo a parlare dello spazio colore. L’occhio umano è in grado di vedere una certa gamma di tonalità differenti di colore; allo stesso modo anche la macchina fotografica è in grado di vedere solo una certa gamma di colori, la quale, purtroppo, non coincide esattamente con quella percepibile dall’occhio umano. Se osservate le seguenti immagini (tratte da wikipedia) vedrete la grande differenza tra lo spazio colore dell’occhio umano e due spazi colore comunemente utilizzati dalle macchine fotografiche ed impostabili nei loro menù: AdobeRGB e sRGB (fate riferimento al manuale di istruzioni della vostra macchina fotografica). Il primo copre una zona più ampia del secondo. Tenete solo in considerazione che il grafico che vedete è una rappresentazione in due dimensioni di uno schema che dovrebbe essere rappresentato in tre dimensioni.

Spazio colore AdobeRGB
Spazio colore sRGB

 

Risulta quindi subito evidente come lo spazio colore del nostro occhio sia molto maggiore dello spazio colore visibile alle macchine fotografiche. Dal momento che un colore per una immagine viene in generale definito da tre numeri (24 bit), il numero di colori catturabili da una macchina fotografica rimane comunque sempre poco più di 16 milioni (16.777.216 per l’esattezza), soltanto che, a seconda dello spazio colore che occupiamo, questo numero di colori si distribuisce su di una zona più o meno ampia.

La visualizzazione dell’immagine catturata

Adesso dobbiamo porci il problema su come l’immagine digitale, acquisita dalla videocamera, venga poi visualizzata su di un qualunque supporto, sia questo un monitor, un proiettore o una stampante. Qualunque sia lo strumento di visualizzazione, per ogni colore dell’immagine da visualizzare arrivano in ingresso allo strumento tre numeri e con quei tre numeri lo strumento produce un colore. Il problema è che monitor, proiettori e stampanti hanno caratteristiche tecniche molto differenti tra loro, che cambiano non solo con la qualità tecnologica, ma anche con il livello di usura e, per le stampanti, con il tipo di supporto cartaceo utilizzato. Quindi se quei tre numeri corrispondevano ad un certo colore per la macchina fotografica, quegli stessi tre numeri corrisponderanno sicuramente ad un colore anche molto differente sullo strumento di visualizzazione! I due spazi colore, cioè, sono differenti. Ecco perché molto spesso le stampe digitali ci appaiono molto differenti da quello che vediamo a monitor.

Il profilo-colore (ICC) e lo spazio di connessione profilo (PCS)

Quanto detto prima, è un po’ come se due persone che parlano lingue differenti cercassero di comunicare usando parole che si scrivono e si leggono nello stesso modo, ma che nelle due lingue hanno significati differenti. Per risolvere questo problema è innanzi tutto necessario trovare uno spazio di connessione profilo (PCS) ed introdurre i profili-colore (ICC). Lo spazio PCS è uno spazio colore come tanti altri, nel quale, ovviamente, ad ogni terna di numero corrisponde un ben preciso colore. Il profilo colore ICC mi dice, per quel particolare apparecchio tecnologico che sto utilizzando, la corrispondenza tra la terna di numeri che tale apparecchio utilizza per identificare un certo colore, e la terna di numeri (differente) che corrisponde allo stesso identico colore, ma nello spazio colore PCS.
In questo modo, utilizzando contemporaneamente i profili colore sia dello strumento che ha catturato l’immagine, sia dello strumento che mostra l’immagine, è possibile per lo strumento di visualizzazione rappresentare esattamente lo stesso colore catturato dalla macchina fotografica.

Per fare un esempio: se fotografando una macchina con una tonalità rossa molto ben determinata ottengo per quel rosso la terna rgb (215,25,14) nello spazio colore della mia macchina fotografica, lo stesso identico colore nello spazio PCS potrebbe per esempio corrispondere alla terna rgb (218,23,10). Il profilo ICC del monitor su cui guardo l’immagine è in grado di dirmi che quella particolare terna (218,23,10) nello spazio PCS corrisponde alla terna rgb (217,26,11) nello spazio colore del mio monitor. mostando a video quest’ultima terna io vedo lo stesso identico rosso che ho fotografato ma che ma mia macchina fotografica registrava con una terna rgb differente.

Gli intenti di rendering

Spazi colore a confronto

Spazi colore a confronto

Come si vede dall’immagine qui a lato riportata gli spazi colore dei vari apparati tecnologici non coincidono mai perfettamente. lo spazio colore che vedere rotondeggiante è quello di una stampante. E’ ovvio che una qualunque immagine non verrà mai stampata perfettamente identica allo scatto, in quanto gli spazi colore non si sovrappongono affatto. Ci sono addirittura alcuni colori che la macchina fotografica vede e che la stampante non è assolutamente in grado di riprodurre, mentre ci sono altri colori che la stampante riuscirebbe a riprodurre ma che la macchina fotografica non è in grado di catturare. La conversione tramite i profili ICC di cui ho parlato precedentemente, fallirebbe in questi casi. E’ quindi necessario introdurre il concetto di Intento di rendering. L’intento di rendering permette agli apparecchi che stiamo utilizzando di sapere come comportarci per risolvere questo tipo di situazioni. Gli intenti di rendering principali che ci possono interessare sono due: percettivo e colorimetrico assoluto:

  • L’intento percettivo, ideale soprattutto per quelle immagini che hanno al loro interno molti colori non rappresentabili dalla strumentazione di visualizzazione utilizzata, mantiene le relazioni visive tra i vari colori in modo tale da permetterci di vederli come “naturali”
  • L’intento colorimetrico assoluto consente di lasciare inalterati i colori effettivamente rappresentabili dallo strumento di visualizzazione, modificando gli altri con il colore a loro più vicino.

Conclusioni

A questo punto credo di avere scritto tutte le informazioni principali per capire quali siano le problematiche legate alla stampa digitale delle immagini, o più in generale alla loro visualizzazione. Le cose da dire sarebbero ancora molte, ma anche molto tecniche e non necessarie per il livello generale degli appassionati del settore a cui mi volevo rivolgere. Un saluto a tutti, spero che queste righe vi possano essere utili.