Macau: il capodanno cinese

Offrire incenso è cosa buona e giusta

Macau - Gennaio 2003

Come probabilmente molti sanno, la stragrande maggioranza dei cinesi sono Buddisti. Una delle principali azioni che il buon devoto deve compiere è quella di offrire incenso di fronte all'immagine del Buddha. Il numero desiderato di stecchetti di incenso può essere facilmente acquistato nei negozietti che come funghi spuntano nei pressi del tempio. Generalmente il cinese medio acquista dell'incenso, entra nel tempio, accende l'incenso, lo tiene un po' in mano di fronte all'immagine del Buddha, lo infila nel bruciatore ed infine se ne va. Sebbene in alcuni templi ci sia ovviamente un fortissimo odore di incenso, generalmente la situazione rimane tollerabile. 
Il giorno di capodanno accade qualcona di particolare. Ogni singolo cinese deve offrire incenso; certo è che i templi sono tanti... ma anche i cinesi. Un numero impressionante di persone si reca al tempio con i suoi bastoncini di incenso, li accende e dopo un po' se ne va. Intorno al bruciatore un decina di persone, si alternano nel mettere bastoncini fumanti uno accanto all'altro; un addetto pagato dal tempio li toglie dopo un po' e li butta in un'enorme rogo poco vicino. Il fumo diventa insopportabile, gli occhi bruciano e lacrimano. Invidi non poco il personale del tempio attrezzato con occhialetti da piscina a protezione degli occhi. I quattro grossi e potenti ventilatori che incessantemente portano il fumo verso l'esterno, praticamente non raggiungono alcun risultato significativo.
All'interno di questo scenario compare a questo punto una figura a cui non avevo pensato, una figura che non credevo potesse esistere. 

Arrivano i devoti.
Se il cinese normale entre nel tempio e brucia alcuni bastoncini di incenso, il devoto entra nel tempio e posa per terra un sacco pieno di bastoncini di incenso. Le sue mani affondano nel sacco e ne escono, a fatica, con circa 250 bastoncini. Dopo un paio di imprecazioni dovute alla difficoltà nel tenere in mano tanti oggetti, il devoto si avvicina verso le candele accanto al bruciatore per accendere la piccola catasta di legname che tiene in mano. Mentre accende gli ultimi stecchetti , i primi sono oramai sul fuoco da tanto tempo che si incendiano. La pira di legname sprigiona gosse fiamme; il devoto la agita daventi al Buddha, ma non mi è chiaro se lo fa come atto di devozione o come inutile tentativo di spegnere il rogo. Del resto, nella profondità del momento non si accorge nemmeno che sta accendendo tanti piccoli roghi sui vestiti di tutti i poveri signori che hanno avuto la sventura di trovarsi vicino a lui.
Messi i bastoncini di incenso nel braciere, il devoto, conscio del fatto che non è solo la quantità che conta, ma anche la qualità, estrae dal sacchetto altri dieci stecchi di incenso dello spessore di un centimetro l'uno. Dato fuoco anche a questomezzo kilo di legno, finalmente si dirige verso l'uscita, ma non prima di aver acceso altre tre o quattro candele, sempre in segno di devozioe.

Come lui, mi dirigo anche io verso l'uscita. Ho gli occhi che mi bruciano e lacrimano abbondantemente, così non mi accorgo di tutte le persone che, per festeggiare, fanno scoppiare decine e decine di forti petardi nel cortile del tempio. Con le orecchie doloranti per il rumore fortissimo dovuto agli scoppi (avvenuti a non più di due metri da me) ed in una condizione di stremo assoluto, decido che per questa giornata non metterò più piede in alcun tempio.